6: ELENA: La induco a fare un bocchino al suo capo


Dopo quell'esperienza con Domenico, io e mia moglie ci concedemmo una pausa.
O meglio, continuando a fantasticare durante i nostri rapporti, abbiamo pure fatto qualche incontro, con coppie e con singoli ma sporadicamente e nulla di veramente eccitante. 

A dire la verità... tutto ciò che seguì all'esperienza con Domenico, risultò piuttosto deludente, al punto che Elena si dichiarò contraria a voler proseguire questo gioco. 

Ma guarda tu che scherzi che fa fare a ragionare col cazzo anziché col cervello!

Voglio dire... proprio la sua ritrosia aveva innescato in me, ancor più forte, la voglia di farle vivere proprio ciò che non le garbava! 

Volevo che fosse la mia troia e che facesse ciò che volevo. Tanto sapevo che si sarebbe divertita anche lei. Anzi, lei più di tutti.

Lo sapevo, perché io e mia moglie avevamo una sintonia invidiabile a letto e riscontravamo ogni volta, su molte fantasie, gli stessi gusti.

C'erano cose che ci attizzavano entrambe ma su alcune cose, come queste sto per confessare, eravamo discordi; e lei non voleva sentire ragioni di assecondare le mie porche fantasie!

La prima era che non voleva saperne di "incontrare" da sola. Esigeva infatti che io fossi sempre presente alle varie performance che organizzavamo.

E la seconda: non voleva avere contatti con ragazzi di colore.

fu così che mi prodigai per realizzarle entrambe. 

Eh, si! Non mi facevo capace delle sue argomentazioni
per di più volevo soffrire (sicuro!) di piacere nel saperla con un altro e senza la mia presenza. 

Inoltre, volevo vederla anche alle prese con un cazzone nero.

Ed ecco la prima situazione...

Stavo dicendo che lei non voleva andare da sola agli incontri che le organizzavo.

Forse perché temeva di non avere quel controllo che, invece, aveva quando eravamo insieme; o, forse, perché se c'ero io si sentiva più tranquilla e autorizzata a trasgredire; oppure perché non voleva vedersi limitata nella possibilità di tirarsi indietro o di rifiutare il rapporto, nel caso in cui la situazione non fosse stata di suo gradimento. O, forse, per paura che quel gioco l'avrebbe portata a superare quei confini oltre i quali non si torna indietro. Boh!? Confesso che ancora oggi non lo so, non ne conosco i motivi...

So soltanto che dovetti faticare un bel po' e lavorare di fino per convincerla ad andare da sola. La prima volta soprattutto.

Quando capitava nella nostra intimità, che ci lasciavamo andare alle nostre confidenze erotiche, io provavo a tirar fuori l'argomento. Sondavo fin dove ci saremmo potuti spingere. Poco per volta la portai a rivedere la sua posizione.

E solo dopo mesi di persuasione occulta, di martellamento e lavoro di cesello, alla fine mi assecondò.

Riuscì, alla fine, ad intaccare la sua ritrosia dopo averla rasserenata sui molti dubbi e paure.

Ma quel che sto per raccontare, almeno in questo primo episodio, accadde tutto senza una pianificazione. Avvenne quasi in maniera estemporanea.

Un suo collega, nonché suo capo settore, le faceva la corte da sempre ma lei, da quel che mi raccontava, si era sempre negata.

Mi confessò che lui, dopo averla corteggiata in maniera educata, negli ultimi tempi era passato a modi  più spinti: la sfiorava con mille pretesti. Aveva preso,  appena erano isolati o lontani dagli altri colleghi, a palparla fin nelle parti intime. Aveva iniziato dapprima con gesti apparentemente casuali e poi con manovre sempre più decise e sfrontate.

Le dissi che sarei andato ad incontrarlo per spaccargli la faccia.

Non mi autorizzò a farlo...  perché non era il caso: "quello" era il suo capo e poi, mi confessò inoltre, che viveva questa cosa in maniera conflittuale: avrebbe voluto assecondarlo ma non in quel modo, che le risultava molesto e poco erotico.

Come ho già detto Elena è una bella donna, giovane e molto sensuale; sensualissima nonostante non si facesse pubblicità indossando abbigliamento provocatorio.

Al tempo in cui mi riferisco per questa situazione aveva 33 anni. Lavorava in un ufficio postale lontano da casa e aveva chiesto un trasferimento da quell’ ufficio, per avvicinarsi.

Il giorno che lo ottenne, mi scattò un tarlo: perché non incoraggiare il suo collega, invogliando mia moglie a concedergli quel qualcosa che lui desiderava così pazzamente?

Pensai di dover approfittare del trasferimento imminente di mia moglie e della considerazione che avrebbe fatto lui, che non l’avrebbe più rivista. Pensai che avrei dovuto architettare qualcosa per dare un’accelerazione agli eventi.

Lavorai di fino, per indurla ad assecondarmi in quel che avevo in mente.

Volevo che lei gli concedesse qualcosa ma non sapevo bene cosa, visto che non avevo modo di organizzare le cose direttamente, nel dettaglio, così come avevo fatto con Domenico.

La fortuna e il caso mi vennero incontro.

Un pomeriggio incontrai Luciano, il collega di mia moglie, al bar vicino al loro posto di lavoro. Io lo conoscevo già da quattro anni e qualche volta, in tempi non sospetti, era venuto con sua moglie alle nostre sbraciate estive in giardino.

Aspettai che uscisse dal bar per scambiare qualche chiacchiera, così per sondare il terreno. E dopo qualche battuta, dirottai il nostro dialogo formale sul ‘trasferimento di mia moglie’.

Gli chiedo: “Che ne pensi? Ormai è fatta. Tra qualche giorno verrà trasferita e non la vedrai più".

Si rabbuiò appena, mentre abbozzava un sorriso.

Il mio istinto da rapace si affacciò, inedito e determinato: era il momento giusto per agire.

Gli lasciai intendere che, visto che mia moglie se ne sarebbe andata da lì a poco, valeva la pena cogliere l'occasione che si aspettava.

Mi guardò basito. Era chiaramente sorpreso e confuso

Non potete immaginare la faccia che fece quando gli rivelai che lei mi aveva raccontato di tutte le volte che lui aveva cercato di approcciare così grossolanamente con lei. Che lei mi aveva confidato che lui l'aveva messa in un angolo e aveva persino provato a scoparsela in ufficio. Che ero a conoscenza di ogni volta che le aveva sussurrato che l'avrebbe posseduta lì, in piedi, davanti a tutti.

Si fece rosso e, balbettando qualcosa, indietreggiò di un paio di passi. Evidentemente si aspettava una mia reazione violenta.

Lo rassicurai dicendogli a bruciapelo: "Lo so. Lei è molto bella e sensuale. E tu non ne hai idea, che sofferenza sia per me far finta di non vedere come la spogliano con gli occhi gli altri. Persino quando siamo in fila alla cassa del supermercato! I mariti in coda, le sbavano dietro, non curanti dei rimbrotti delle relative consorti al fianco. Eh, si... fa perdere la testa a molti. E ti confesso, caro Luciano, che ancor di più la fa perdere a me, che so di cosa è capace a letto. Rilassati... non sono uno stupido. Ti si legge in faccia che ti fa arrapare. E, ti confesso, che ultimamente ho maturato l'idea che sia un vero peccato che sia io soltanto a godere di queste sue capacità e delle sue bellezze nascoste. 

Aveva spalancato la bocca incredulo. Ne approfittai per incalzarlo con la mia manfrina:  "E poi, si! Io sono geloso ma… mi rendo conto che se lei volesse, potrebbe cornificarmi a suo piacimento, senza che io lo venga mai a sapere. Perciò, mi sono fatto capace che se proprio vuole togliersi uno sfizio potrebbe farlo con chi sa apprezzare... e credo che tu sappia apprezzare. "

il suo stupore mi rese ancora più deciso nel volergliela offrire: "Insomma... ti sto dicendo che se lei volesse farmi cornuto, potrebbe farlo in qualunque momento, magari con te, ed  io non potrei fare nulla neanche se lo venissi a sapere. Perciò, se vuoi, accomodati. “

Lui ricominciò a balbettare, farfugliando chissà che cosa a proposito che si, era vero, ci aveva provato molte volte ma senza che lei gli concedesse nulla.

“La convincerò io a lasciarsi andare, non preoccuparti. Ma devi promettermi che mi renderai comunque testimone in qualche modo."

Lui era ormai in mio potere, inebetito e incapace di reagire.

Lo salutai dicendogli, improvvisando di andarmene, che qualora fosse accaduto qualcosa avrebbe dovuto testimoniarmelo, riprendendo l'accaduto con il mio telefono.

Passarono due giorni. Nel frattempo avevo architettato tutto. Si sarebbero visti in macchina con la scusa che la nostra era dal meccanico lui avrebbe avuto l’occasione di riaccompagnarla a casa. Il mio piano era che lei lo avrebbe lasciato fare e gli avrebbe fatto capire che potevano appartarsi in un parcheggio isolato, poco dopo il loro ufficio. Prima di salutare mia moglie, le diedi il mio cellulare, chiedendole di farmi chiamare da Luciano quando sarebbero stati da soli.

Finito l’orario di lavoro, aspettai con ansia che Elena facesse ritorno. Dall’ufficio a casa nostra, facendo la sosta che avevo previsto, non avevano molto tempo a disposizione. Aspettati e ancora aspettai… e la mia eccitazione cresceva, insieme al mio uccello. Nell’attesa, facevo fatica nel resistere al desiderio di masturbarmi. Dopo mezzora oltre il solito orario, sento fermarsi una macchina vicino casa. Era Elena che tornava. La sento chiudere lo sportello della macchina di Luciano. Conto i suoi passi fin quando non sento  la chiave entrare nella toppa e la porta aprirsi.

Ero seduto sul divano facendo finta di vedere la tv.
“Come è andata?” Le chiedo
“Bene” risponde lei, sorridendo visibilmente in imbarazzo. “Ecco il tuo cellulare. Io vado a farmi una doccia”

Mi precipitai ad aprire impaziente la cartella dei video. Ce ne erano due.
Due filmati che li riprendevano in momenti che ho stampato nella mia porca memoria

Il primo:
è lui che fa la ripresa. Inquadra Elena, dall’alto, le riconosco la capigliatura e il colore dei capelli. Li sento sorridere. Lui la bacia e poi le prende la mano e se la porta sulla patta. Mia moglie non se lo fa ripetere e gli apre la lampo. Infila la mano nei calzoni, supera le mutande e gli caccia fuori il cazzo. Lo soppesa con la mano e con lo sguardo. Ne apprezza le dimensioni e la consistenza. Emette un mugolio e… poi vedo ben poco. La testa di mia moglie si porta sopra il cazzo e la immagino inghiottirselo. Il filmato si interrompe per riprendersi con un’inquadratura diversa. L’obiettivo è di lato. Inquadra l’asta di Luciano e il profilo di mia moglie. Lei lo fa entrare e uscire dalla sua bocca

Cazzo!

L’ho immaginato un sacco di volte ma vederlo in quel modo... è un’altra cosa.
Lei ha gli occhi chiusi. Si sta evidentemente gustando quel cazzo. il cazzo di un altro. Assaporandone il sapore e aspirandone l’afrore di bestia arrapata.
Se lo fa sparire tutto in gola e gli carezza le palle con la punta della lingua. Poi riprende a fare su e giù con la testa.
Pochi colpi ancora. Lei si ferma. Si intuisce che sta lavorando con lingua. Conosco questo suo giochino. Come avverte che il maschio sta per venire, si ferma e inizia delicatamente a succhiare e a muovere la lingua nei punti più sensibili della cappella.

“Le sto… sborrando… in gola… ddddioooo che goduriaaaa!” Luciano prova a farmi la radiocronaca ma è evidentemente sopraffatto dal piacere. Mia moglie non si lascia sfuggire neppure una goccia

Nel vedere Elena ingoiare quel cazzo e farsi sborrare nello stomaco, mi tiro fuori il cazzo che, quasi senza toccarlo, esplode in un orgasmo liberatorio.


1 commento:

  1. che cornuto, che sei! proprio un gran cornuto. grande in senso buono. sai godere delle tue corna. e il bello è che te le vai a cercare

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